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male [m#le] avv. e s. m. — tronc., come avv., spec. in alcune locuzioni e proverbi: mal parlante, mal vestito (anche malparlante, malvestito), ecc.: volumacci economici mal stampati e scorretti [volum#©©i ekon0mi©i m#l Stamp#ti e Skorr$tti] (Papini); se mal non m’appongo; chi mal fa mal pensa [k& mmal f# mmal p$nSa]; o col valore (lett.) di semplice negazione: quantunque esso mal degno ne fosse [kUant2jkUe %SSo mal d%n’n’o ne f1SSe] (Boccaccio): dove non sarebbe possibile la forma intera (male degno), tanto meno posposta (degno male), possibile invece lo scambio con un non (non degno, indegno); o ancóra (pure lett.) come negazione o attenuazione di un verbo che segua: due affermazioni che mal si conciliano — tronc. facoltativo nella locuz. avv. male che vada o mal che vada «alla peggio, per quanto male possa andare»: cfr. benché — tronc., come s. m., in alcune locuz.: mal di denti, mal di fegato, mal di testa, ecc.; mal della pietra («calcolòsi»), mal della ròsa («pellagra»), ecc.; mal di mare, mal di montagna, mal d’auto; mal d’amore, mal del paese, mal d’Africa; mal caduco, mal francese (anche malcaduco, malfrancese), mal sottile; mal gliene incolse (e mal glien’è incolto); è mal di poco; così pure in qualche proverbio: chi è causa del suo mal pianga sé stesso; mal comune mezzo gaudio; mal (o male) non fare, e paura non avere; raro il tronc. in altri casi: una repentina esacerbazione d’un mal cronico [una repent&na e@a©erbaZZL1ne d um mal kr0niko] (Manzoni); Confessa il mal che ci fu dato in sorte [konf$SSa il m#l ke ©©i fu dd#to in S0rte] (Leopardi)

DOP

Redatto in origine da
Bruno Migliorini
Carlo Tagliavini
Piero Fiorelli

 

Riveduto, aggiornato, accresciuto da
Piero Fiorelli
e Tommaso Francesco Bórri

 

Versione multimediale ideata e diretta da
Renato Parascandolo