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impetrare v. (lett. «ottenere con preghiere»); impetro [imp$tro] — es.: Sì dolcemente che mercé m’impetre [S& ddol©em%nte ke mmer©% mm imp$tre] (Petrarca); se di vecchiezza La detestata soglia Evitar non impetro [Se ddi vekkL%ZZa la deteSt#ta S0l’l’a evit#r non imp$tro] (Leopardi) — lat. -e- breve nella 2a sillaba: quindi impetro [lat. &mpetro], con possibilità però, in poesia, di spostare l’accento sulla stessa -e- in quanto seguìto da muta + liquida: possibilità poi tramutata in regola quasi assoluta nel verso volgare, sul modello dell’uso prescelto da Dante e dagli altri poeti del suo tempo, sia con impetro [imp$tro], faretra [far$tra], colubro [kol2bro]; che hanno mantenuto l’accentaz. piana, sia con geometra [Jeom$tra], integro [int$gro], palpebra [palp$bra], penetro [pen$tro], tenebra [ten$bra], dove in séguito è stata ristabilita un’accentaz. sdrucciola latinam. più precisa — cfr. faretra