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parassita [paraSS&ta] (antiq. parassito [paraSS&to], parasita [paraS&ta], parasito [paraS&to]) s. m. e agg.; pl. m. -ti — forma originaria parasito, dal lat. parasitus [paraS&tuS], e questo dal gr. παράσιτος / parásitos [par#SitoS], comp. di παρά / pará «presso» + σῖτος / sîtos «grano; cibo» — forma con -s- doppia entrata in uso fin dal ’400 per assicurare meglio la pn. sorda della sibilante, poco riconoscibile a prima vista come iniziale d’un 2° componente della parola — forma con -ta finale entrata in uso dapprima per il solo femminile quando la parola acquistò anche un valore d’aggettivo (non prima del ’600), e molto più tardi passata allo stesso maschile per effetto di quell’impressione illusoria di più esatta grecità che posson dare, a chi non sappia il greco, i maschili in -a — dal ’900 rimasta unica nell’uso comune la forma parassita, sia per il sost. (es. vivere da parassita), sia per il masch. dell’agg. (es. insetto parassita, rumore parassita, non diversam. da pianta parassita, antenna parassita); e con -s- doppia anche i derivati scient. e tecnici, tutti entrati in uso nel ’900 o al più presto nell’800 (più antico solo parassitico) — conservata l’-s- sorda, scritta scempia, nell’ingl. parasite; -s- scempia sonora, invece, nel fr. parasite e nel port. parasita; fedele all’etimo lo sp. parásito, con accentaz. alla greca