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presago [pre@#go] agg.; pl. m. ‑ghi — es.: E fanno qui la gente esser presaga [e ff#nno kU& lla J$nte $SSer pre@#ga] (Dante); Sognando l’amore presago nei loro bei sogni trilustri [Son’n’#ndo l am1re pre@#go nei l1ro bHi S1n’n’i tril2Stri] (Gozzano); e con acc. scr.: Il cor presàgo di remoto lutto [il k0r pre@#go di rem0to l2tto] (D’Annunzio) — prèsago [pr$@ago], per licenza poet., in diversi poeti del tardo ’800 (G. Carducci, G. Marradi, S. Ferrari), conforme a un uso corrente ammesso in quel tempo anche da qualche vocabolario, e nato prob. da un’ingannevole analogia di presago e presagio con prodigo e prodigio, naufrago e naufragio, ma in contrasto con l’accentaz. lat. (praesagus con -a- lunga) e con una tradiz. del verso it. ben documentata di secolo in secolo — accanto alla pn. con -s- sonora, normale nei latinismi, freq. in Tosc. anche un pn. con -s- sorda, dovuta all’impress. di parola composta che presago può dare, in quanto sia pronunziato correttam. piano [preS#go], pur se non si sappiano più riconoscere i componenti originari (prae «prima» e sagus «consapevole»)

DOP

Redatto in origine da
Bruno Migliorini
Carlo Tagliavini
Piero Fiorelli

 

Riveduto, aggiornato, accresciuto da
Piero Fiorelli
e Tommaso Francesco Bórri

 

Versione multimediale ideata e diretta da
Renato Parascandolo